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Secondo Roberto Alesse, direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (NELLA FOTO) appena riconfermato per un altro triennio, la riforma doganale dell’Unione europea punta su Data Hub ed EUCA per un modello “data-driven”: un solo invio dei dati, controlli più mirati con l’IA e più sovranità digitale sui flussi commerciali.
Secondo Roberto Alesse, direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (NELLA FOTO) appena riconfermato per un altro triennio, la riforma doganale dell’Unione europea punta su Data Hub ed EUCA per un modello “data-driven”: un solo invio dei dati, controlli più mirati con l’IA e più sovranità digitale sui flussi commerciali.
L’Unione europea sta ridisegnando il perimetro della dogana, spostando il baricentro dai varchi fisici alle piattaforme digitali. Al centro del nuovo impianto ci sono due leve: il Data Hub doganale europeo, pensato come ambiente unico di raccolta e gestione delle informazioni, e l’istituzione della European Union Customs Authority (EUCA), chiamata a garantire una governance più integrata. In questa traiettoria si colloca l’analisi di Roberto Alesse, direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) appena riconfermato alla guida per un altro triennio, che su AgendaDigitale.eu interpreta la riforma come un passaggio di potere “sui dati” prima ancora che sulle procedure.
Per Alesse, la logica di fondo è antica e insieme attualissima: “conoscere per governare”. La tesi è che la regolazione pubblica diventi efficace quando dispone di conoscenza strutturata, tempestiva e condivisa, capace di trasformarsi in decisione operativa. Non a caso richiama l’idea baconiana secondo cui “ipsa scientia potestas est”: la conoscenza non come esercizio astratto, ma come strumento che orienta l’azione e riduce l’incertezza nei sistemi complessi.
Nel ragionamento di Alesse, la dogana contemporanea non è più soltanto un presidio materiale: è una funzione strategica che si gioca nella capacità di leggere i flussi commerciali in tempo reale. È il risultato di una trasformazione graduale (documenti telematici, sensoristica, algoritmi) che ha reso porti e nodi logistici “snodi digitali”. In altre parole, la frontiera economica non sparisce: cambia forma e diventa un punto di integrazione tra regole pubbliche, infrastrutture digitali e dinamiche industriali globali.
L’analisi identifica con chiarezza le pressioni che hanno reso insufficiente il modello tradizionale: aumento degli scambi, boom dell’e-commerce, catene globali frammentate e crescita delle minacce illecite (contraffazione, merci pericolose, elusione dei dazi, frodi fiscali). Il problema, sostiene Alesse, non è la mancanza di controlli in sé, ma la loro efficacia in un contesto in cui i dati restano spesso dispersi in sistemi nazionali non comunicanti e in verifiche “ex post”, quando il danno è già avvenuto.
Il Data Hub, nella prospettiva descritta da Alesse, non è un semplice “database europeo”: è un ambiente digitale unico dove confluiscono in modo strutturato e interoperabile i dati doganali lungo il ciclo di vita della merce. L’architettura ruota attorno a due promesse operative: un “solo punto di accesso” per gli operatori e il principio “once only”, cioè l’invio dei dati una sola volta, riducendo duplicazioni e interfacce multiple.
Dall’altra parte del tavolo, le autorità ottengono una base informativa comune per analizzare e correlare i segnali di rischio in modo unitario. L’obiettivo dichiarato è passare da controlli più indistinti a controlli più proporzionati e mirati, preservando la fluidità del commercio legittimo e alzando, al tempo stesso, la capacità di intercettare anomalie.
Un punto centrale dell’impostazione è l’uso di strumenti avanzati di analisi dati e intelligenza artificiale, capaci di individuare “pattern anomali”, correlazioni e segnali deboli che sfuggono ai metodi tradizionali. Nel quadro delineato da Alesse, l’IA non “sostituisce” l’operatore doganale: lo affianca, spostando il lavoro umano verso decisioni a più alto valore aggiunto e migliorando la prevenzione. È una scelta che, nella sua lettura, rafforza la legalità senza introdurre oneri ingiustificati per le imprese che operano correttamente.
Alesse interpreta il Data Hub anche come scelta di politica pubblica: i dati strategici sui flussi economici europei non restano frammentati in silos, né dipendono soltanto da iniziative private, ma vengono governati da un’istituzione pubblica secondo finalità di interesse generale. In questa chiave entra il tema della sovranità digitale: conoscere meglio i propri scambi significa anche negoziare meglio, proteggere consumatori e filiere, aumentare resilienza in un contesto segnato da tensioni geopolitiche.
Dentro questa cornice, l’ADM punta a un posizionamento più internazionale come “nodo avanzato” della rete europea. Alesse richiama l’esigenza di investire su qualità del dato, competenze e processi, oltre che sulla collaborazione stabile con gli operatori economici. E collega questa maturazione alla candidatura italiana per ospitare a Roma la sede dell’EUCA, che rafforzerebbe il ruolo del Paese nel nuovo modello di governance doganale.
Resta, infine, la partita più delicata: costruire il Data Hub significa decidere standard di protezione dei dati, sicurezza informatica, responsabilità degli algoritmi e ripartizione chiara di ruoli tra livello UE e livelli nazionali. Ma la direzione, per Alesse, è tracciata: l’Europa sceglie una dogana fondata su dati e cooperazione, dove l’infrastruttura informativa diventa leva di competitività, legalità e integrazione.
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