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L'influencer in aula: "Abbiamo fatto tutto in buona fede, non c'è stato lucro".
L'influencer in aula: "Abbiamo fatto tutto in buona fede, non c'è stato lucro".
Un anno e otto mesi di reclusione: è quanto chiesto dalla Procura di Milano stamani nei confronti di Chiara Ferragni, nell'ambito del processo sulle presunte irregolarità legate al Pandoro Pink Christmas e alle uova di Pasqua, che si è svolto con rito abbreviato.
A formulare la richiesta sono stati il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Cristian Barilli, che hanno contestato alla Ferragni e ad altre due persone finite sul banco degli imputati il reato di truffa aggravata per le iniziative pubblicitarie finite nel mirino degli inquirenti.
L'accusa ha chiesto anche un anno e 8 mesi per Fabio Damato, ex collaboratore di Chiara Ferragni, e un anno per Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID.
Stando alla ricostruzione fatta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, tra il 2021 e il 2022 la Ferragni avrebbe conseguito profitti economici indebiti dalla vendita dei due prodotti, pubblicizzati come legati a finalità benefiche.
Per gli investigatori, chi seguiva l'influencer e chi ha acquistato gli articoli sarebbe stato indotto in errore, mentre la quota indicata come beneficenza non sarebbe stata inclusa nel prezzo. L'importo contestato è pari a quasi 2,2 milioni di euro.
Durante l'udienza, la Ferragni ha reso alcune dichiarazioni spontanee: "Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato", ha dichiarato. La difesa, che ha sempre affermato che l'influencer non ha commesso reati e, in ogni caso, ha già chiuso il fronte amministrativo e fatto donazioni per 3,4 milioni di euro, sarà sentita nel corso della prossima udienza.
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